Rientro dall’estero e cumulo di più regimi agevolativi

L’Agenzia delle entrate ha fornito risposta ad un’istanza di interpello presentata da un contribuente che chiede chiarimenti sulla possibilità di beneficiare contemporaneamente del “nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati” e degli “incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero” (Agenzia delle entrate, risposta 28 gennaio 2025, n. 16).

Il caso trattato dall’Agenzia delle entrate riguarda un contribuente che, dopo aver conseguito una laurea in odontoiatria in Italia e aver lavorato come docente in Spagna, intende trasferirsi nuovamente in Italia per assumere un incarico di professore associato e avviare un’attività di lavoro autonomo come medico odontoiatra.

 

L’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, in vigore dal 29 dicembre 2023, ha introdotto il ”nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati” che si applica ai contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, così come modificato dall’articolo 1 del citato decreto legislativo n. 209/2023, a decorrere dal periodo d’imposta 2024.

Il ”nuovo regime” sostituisce il ”regime speciale per lavoratori impatriati”, vigente fino al 29 dicembre, le cui disposizioni, tuttavia, continuano ad applicarsi nei confronti di coloro che hanno trasferito la residenza ”anagrafica” nel territorio dello Stato italiano entro il 31 dicembre 2023. In particolare, il comma 1 dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 209 del 2023 dispone che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, entro il limite annuo di 600.000 euro concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare al ricorrere di specifiche condizioni.

Il nuovo regime si applica a partire dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e nei quattro periodi d’imposta successivi fermo restando che, se la residenza fiscale in Italia non è mantenuta per almeno quattro anni, il lavoratore decade dai benefici e si provvede al recupero di quelli già fruiti con applicazione dei relativi interessi.

La percentuale è ridotta al 40% nei seguenti casi:

a) il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore;

b) in caso di nascita di un figlio ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del ”nuovo regime”. In tal caso, il beneficio è fruito a partire dal periodo d’imposta in corso al momento della nascita o dell’adozione e per il tempo residuo di fruibilità dell’agevolazione.

Tale maggiore agevolazione si applica a condizione che, durante il periodo di fruizione del nuovo regime da parte del lavoratore, il figlio minore di età, ovvero il minore adottato, sia residente nel territorio dello Stato.

Inoltre, i cittadini italiani si considerano residenti all’estero se sono stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) ovvero hanno avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Infine, per i soggetti che trasferiscono la propria residenza ”anagrafica” nell’anno 2024, il nuovo regime si applica per ulteriori tre periodi d’imposta nel caso in cui il contribuente divenga proprietario, entro la data del 31 dicembre 2023 e, comunque, nei dodici mesi precedenti al trasferimento, di un’unità immobiliare di tipo residenziale adibita ad abitazione principale in Italia. In tal caso, i redditi agevolabili, negli ulteriori tre periodi d’imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare.

 

L’articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, attualmente in vigore, disciplina, invece, gli ”incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero”, applicabile a docenti e ricercatori, residenti all’estero che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia, allo scopo di svolgere un’attività di ricerca o docenza nel territorio dello Stato.

In particolare, il comma 1 del citato articolo 44 prevede che ai fini delle imposte sui redditi sia escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

Il regime agevolativo si applica nel periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei cinque periodi d’imposta successivi sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.

I docenti o ricercatori italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere al regime di favore purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

 

La circolare n. 17/E/2017, ha già avuto modo di chiarire che ”in base a tale disposizione il soggetto che si trasferisce in Italia e vi acquisisce la residenza fiscale, se fruisce del regime per i lavoratori impatriati non può contemporaneamente fruire del regime previsto per i docenti e ricercatori nel caso in cui svolga anche una attività di docenza”. Ne consegue che ”la sussistenza dei requisiti in capo allo stesso soggetto per accedere ad entrambe le agevolazioni permette allo stesso di aderire a quella che ritiene di maggiore favore per sé e di permanervi per i periodi d’imposta previsti rispettivamente per ciascuno dei suddetti regimi agevolativi”.

Tali conclusioni non sono, tuttavia, estendibili anche al ”nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati” in quanto, in assenza di una espressa previsione normativa che precluda la possibilità di applicare contemporaneamente più regimi agevolativi, il ”nuovo regime” è ritenuto compatibile con gli altri regimi di favore previsti per i lavoratori che trasferiscono la residenza fiscale in Italia.

 

In particolare, l’Agenzia è dell’avviso che i diversi regimi agevolativi previsti per i contribuenti che rientrano in Italia siano fruibili contemporaneamente dallo stesso soggetto, relativamente al medesimo periodo d’imposta, nel rispetto di tutti i requisiti previsti dalle relative disposizioni.

Ne consegue che, in applicazione di tale principio, l’Istante, nel caso di specie, potrà fruire, del ”nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati”, a decorrere dal periodo d’imposta 2025 e fino alla durata massima consentita dalla normativa di riferimento (limitatamente all’attività di medico odontoiatra), e degli ”incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero”, a decorrere dal periodo d’imposta 2025 e fino al 2029 (limitatamente all’attività di professore universitario).

CCNL Edilizia Industria. siglato il rinnovo

Previsto un aumento dei minimi pari a 180,00 euro al livello I

Lo scorso 29 gennaio è stato siglato da Ance, Legacoop Produzione e Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi, Agci Produzione e Lavoro, Fenea-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil il rinnovo del CCNL per i dipendenti delle imprese edili ed affini.
A livello economico è previsto un aumento di 180,00 euro al livello I, così ripartito: 
– 80,00 euro dal 1° febbraio 2025;
– 50,00 euro dal 1° marzo 2026;
– 50,00 euro dal 1° marzo 2027, con un recupero inflattivo dell’11% e un aumento sui minimi del 18%. 
L’aumento salariale al livello II (operaio qualificato) pari a 210,60 euro, è così ripartito: 
– 93,60 euro dal 1° febbraio 2025;
– 58,50 euro dal 1° marzo 2026;
– 58,50 euro dal 1° marzo dal 1° marzo 2027.
Il contratto decorre dal 1° febbraio 2025 fino al 30 giugno 2028. 
Le Parti si sono impegnate, inoltre, entro il 28 febbraio 2025, a concludere sui seguenti temi: catalogo formativo nazionale, sorveglianza sanitaria, istanze del settore, premialità; denuncia unica edile ed F24 con lavori della Commissione entro sei mesi; trasferta nazionale; lavoro straordinario; non sovrapponibilità dei cicli contrattuali.

Ebiterbo: sottoscritto l’accordo straordinario per danni atmosferici

 Al via la presentazione delle domande di contributo per i lavoratori e le imprese colpite dall’alluvione

In data 11 novembre 2024, le Parti sociali di Ebiterbo hanno siglato un accordo straordinario per danni atmosferici che prevede contributi a favore dei lavoratori e delle aziende dei territori dell’Area Metropolitana colpiti dagli eventi alluvionali di ottobre 2024.
A favore dei lavoratori si prevede un contributo volto al rimborso delle spese per i danni subiti all’abitazioni e pertinenze, per la sostituzione di mobili ed elettrodomestici e per la riparazione/sostituzione moto/autoveicoli/bicicletta a pedalata assistita non coperti da apposita assicurazione. Inoltre viene stabilito un contributo solidaristico per una integrazione fino al 100% della retribuzione persa in caso di sospensione o riduzione dal lavoro superiore al 40%, per un massimo di 30 giorni nel periodo ottobre/novembre 2024.
Invece, a favore delle imprese, è stato previsto un contributo per sostenere: 
– le spese relative a eventuale perizia di agibilità;
– le spese relative alla messa in sicurezza dei locali dell’impresa;
– le spese per il ripristino ovvero sostituzione di attrezzature, beni mobili strumentali aziendali danneggiati;
– le spese sostenute per il ripristino dei locali o dei veicoli aziendali non coperti da apposita assicurazione;
– altre spese documentate conseguenti a danni diretti o indiretti provocati dagli eventi atmosferici.
Le domande potranno essere presentate entro il 30 settembre 2025 attraverso le modalità di seguito riportate:
– via web, accedendo dall’area riservata del sito, previa registrazione;
– spedizione postale all’indirizzo della sede di Ebiterbo tramite strumento idoneo ad accertare la data di invio;
– tramite PEC all’indirizzo amministrazione@pec.ebiterbo.it;
– consegna attraverso una delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori o dei datori di lavoro, socie dell’Ente, alle quali è possibile chiedere assistenza per la compilazione della domanda. La stessa dovrà riportare data, timbro e persona di riferimento;
– a mano presso gli uffici dell’Ente, previo appuntamento.

La rateizzazione degli oneri di ricongiunzione dei periodi assicurativi per i professionisti

Fornite anche le istruzioni per la determinazione del debito residuo in caso di sospensione del versamento delle rate mensili prima dell’estinzione del debito (INPS, circolare 28 gennaio 2025, n. 24).

Anche quest’anno l’INPS ha fornito le tabelle dei coefficienti da utilizzare per i piani di ammortamento degli oneri di ricongiunzione relativi alle domande di ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali per i liberi professionisti, presentate nel corso dell’anno medesimo, aggiornati in base al tasso di variazione medio annuo dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertato dall’ISTAT per l’anno precedente a quello di riferimento (ai sensi della Legge n. 45/1990).

Ai fini della predisposizione dei piani di ammortamento degli oneri relativi alle domande di ricongiunzione presentate nel corrente anno 2025, sono state aggiornate le tabelle allegate alla circolare n. 17/2024 in base al tasso di variazione medio annuo dell’indice citato per il 2024, pari a +0,8%.

Con la circolare in commento, l’Istituto ha fornito anche le istruzioni per il corretto uso delle tabelle (Allegato n. 1), la tabella I/2025 relativa all’ammontare della rata mensile costante posticipata per ammortizzare al tasso annuo composto dello 0,8% il capitale unitario da 2 a 120 mensilità (Allegato n. 2) e la tabella II/2025 relativa ai coefficienti per la determinazione del debito residuo in caso di sospensione del versamento delle rate mensili prima dell’estinzione del debito al tasso annuo dello 0,8% (Allegato n. 3).

San.Arti: nel 2025 previste novità sui piani sanitari

Disponibile dall’anno in corso anche la nuova prestazione LTC, Long Term Care

Nell’anno 2025 il Fondo San.arti, Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa per i lavoratori dell’artigianato, ha comunicato una riduzione dei piani sanitari che passeranno da tre a due. In particolare sarà possibile aderire, in alternativa al;
– piano per i dipendenti e loro familiari;
– piano per i titolari, soci, collaboratori e loro familiari. 
Per il piano valido per i dipendenti e loro familiari, quest’ultimi avranno il Piano sanitario del caponucleo, che non dovrà più tenere conto delle differenti prestazioni in due distinti documenti. Restano ferme le sette prestazioni dedicate ai figli minorenni registrati gratuitamente. I dipendenti avranno inoltre la possibilità di chiedere rimborsi a San.Arti anche per spese sostenute privatamente. Entro i limiti previsti dal Piano sanitario ai familiari iscritti torna disponibile la rete UniSalute per usufruire delle stesse prestazioni e per la prevenzione. Per tutte le prestazioni per le quali sono previste (visite, accertamenti, alta specializzazione) la franchigia, a carico dell’iscritto che si rivolge a strutture convenzionate con la compagnia assicuratrice, passa a 20,00 euro. 
Tra le novità si segnala la nuova prestazione LTC, Long Term Care, che ha la finalità di offrire un sostegno a coloro che si trovino in condizioni di non autosufficienza, con un supporto per le necessità quotidiane. 
Per il piano valido per i titolari, soci, collaboratori e loro familiari iscritti, tutte le prestazioni che erano erogate tramite UniSalute dal 2025 saranno fornite tramite SiSalute.
Infine, per eventi dal 1° gennaio 2025, SanArti erogherà in autogestione le indennità di ricovero per gli iscritti che si rivolgano al Servizio Sanitario Nazionale.

CCNL Legno e Arredamento Industria: definito l’incremento dei minimi



Stabilito l’aumento a decorrere dal 1° gennaio 2025


Il 27 gennaio è stato siglato da Federlegno e Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil il verbale di accordo sull’adeguamento dei minimi per l’anno 2025, in applicazione di quanto previsto dal CCNL legno, sughero, mobile, arredamento e boschivi e forestali sottoscritto in data 20 giugno 2023.
L’accordo prevede l’incremento dei minimi a decorrere dal 1° gennaio 2025, con la retribuzione afferente al mese di febbraio 2025.






















































Categoria MInimi 2024 Minimi dal 1° gennaio 2025
AD3 3.044,54 3.078,52
AD2 2.987,11 3.020,46
AD1 2.866,83 2.898,82
AC5 2.747,55 2.778,20
AC4 2.568,73 2.597,38
AC3/AC2/AS4 2.389,76 2.416,40
AS3 2.300,87 2.326,52
AC1/AS2 2.209,52 2.234,14
AE4/AS1 2.138,22 2.162,04
AE3 2.048,97 2.071,80
AE2 1.959,16 1.980,99
AE1 1.733,85 1.753,18

Licenziamento collettivo: applicabilità e soglie dimensionali

Fornite indicazioni sulla contestuale chiusura di unità produttive superiori e inferiori ai 50 dipendenti (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, interpello 27 gennaio 2025, n. 1).

Con la risposta all’interpello in commento, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito indicazioni in merito all’ipotesi di un datore di lavoro che — avendo occupato, nell’anno precedente, più di 250 dipendenti — decida di procedere contestualmente alla chiusura di 2 distinte unità produttive, di cui una con oltre 50 dipendenti e l’altra con un numero inferiore a 50 dipendenti.
In particolare, nel quesito viene richiesto se in tale caso sia necessario osservare la procedura di cui alla Legge n. 234/2021 (articolo 1, commi da 224 a 237-bis) anche in riferimento all’unità produttiva che occupa meno di 50 dipendenti oppure se per quest’ultima sia possibile avviare direttamente la procedura di licenziamento collettivo ex lege n. 223/1991.
Al riguardo, il Dicastero evidenzia che la disciplina, ai sensi del comma 224 del medesimo articolo 1, si applica al datore di lavoro in possesso dei requisiti dimensionali citati che intenda procedere alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività e con licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50 e precisamente ai datori di lavoro che, nell’anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, mediamente almeno 250 dipendenti. Sussistendo i requisiti per l’applicazione di quest’ultima disciplina, risulta pertanto irrilevante lo scrutinio di eventuali alternative ulteriori laddove, ad esempio, come nella fattispecie ipotizzata con il quesito posto con l’interpello in oggetto, si intenda procedere ad altre chiusure di sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo dalle quali consegua il licenziamento di un numero di dipendenti inferiore a 50.
Infatti, i principi generali di tutela da applicare nei casi di licenziamenti giustificati da addotte ragioni economiche — rinvenibili nella Legge n. 223/1991 e volti ad assicurare parità di trattamento ai lavoratori dipendenti da un medesimo datore — non possono non continuare a costituire un punto di riferimento essenziale per la corretta interpretazione anche della Legge n. 234/2021 e delle sue finalità dichiarate, disciplinando quest’ultima un’ipotesi di licenziamento collettivo di particolare gravità per le sue ricadute sul tessuto occupazionale e produttivo, a livello nazionale.
Alla luce di tali elementi, il Ministero ritiene che nel caso in cui un datore di lavoro decida di procedere alla chiusura di più distinte unità, così come definite dalla citata Legge n. 234/2021, lo stesso sarà comunque tenuto ad attivare la procedura dettata da tale norma, laddove anche in una sola di esse si determini un esubero di almeno 50 unità di personale, dovendosi ritenere in tali casi impraticabili percorsi alternativi per pervenire alla risoluzione dei rapporti di lavoro.

CCNL Rai: siglato l’accordo sul lavoro agile

Per la conciliazione vita/lavoro, avviate le procedure per la sperimentazione del lavoro agile dal 1° maggio 2025

Le OO.SS. Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Fnc-Ugl Comunicazioni, Snater, Confsal-Libersind insieme alla Rai, assistita da Unindustria, hanno sottoscritto, in data 23 gennaio 2025 un verbale di accordo sul lavoro agile, al fine di favorire la conciliazione vita/lavoro per i profili professionali dell’area produttiva. La fase sperimentale, della durata di un anno, partirà dal 1° maggio 2025. L’adesione è volontaria e avverrà tramite la sottoscrizione di un accordo individuale che contiene e recepisce integralmente le disposizioni dell’accordo, in linea con quanto indicato dall’art. 19, L. 81 del 22 maggio 2017. Tra le altre cose, viene precisato che per le giornate di lavoro da remoto, l’azienda continuerà a corrispondere alle lavoratrici ed ai lavoratori il contributo mensa. Per i profili esclusi dal lavoro agile, vengono avviate procedure di flessibilità oraria, della durata di 12 mesi, a partire dal 1° maggio 2025. Avendo già sperimentato il lavoro agile, per le aree amministrativa ed editoriale, dal 1° marzo 2025, viene prolungato. 

CCNL Funzioni Centrali: firmato il rinnovo del contratto

Le sigle sindacali Fp-Cgil, Uil Pa e Usb Pi confermano il giudizio negativo e non firmano il contratto 

Nei giorni scorsi le Parti sociali hanno apposto la firma definitiva al contratto del comparto Funzioni Centrali 2022-2024 che interessa circa 195 mila dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici.
Tra le novità, è previsto un incremento salariale di 165,00 euro medi mensili per 13 mensilità, corrispondente al 6% dello stipendio. Tale aumento, consentirà il riconoscimento di circa mille euro di arretrati medi fino a dicembre 2024. 
Inoltre, tale accordo prevede:
– l’istituzione in via sperimentale della settimana corta, offrendo la possibilità di concentrate le 36 ore settimanali in 4 giorni;
– potenziamento del lavoro agile attraverso una regolamentazione uniforme per buoni pasto e maggiore flessibilità nella scelta delle giornate da svolgere in questa modalità;
– modifiche alle posizioni organizzative con l’introduzione del diritto all’incarico per i funzionari con più di 8 anni di servizio, e norme specifiche sull’age management al fine di valorizzare l’esperienza dei senior mediante il mentoring verso i più giovani e attivare il reverse mentoring dei giovani verso i senior;
introduzione di 2 ore aggiuntive di permesso ai dipendenti over 60 per visite, terapie ed esami diagnostici. 
A fronte di queste novità, le OO.SS. Fp-Cgil, Uil Pa e Usb Pi hanno deciso di non procedere alla firma ritenendo che il contratto non vada a recuperare con gli aumenti stipendiali il maggiore peso dell’inflazione registrato nel triennio di rifermento.
Difatti, a parere delle stesse, l’inflazione complessiva registrata per gli anni 2022, 2023 e 2024, è pari al 15,4% e le risorse del contratto sono il 5,78%. Pertanto, nonostante producano adeguamenti sul tabellare di poco più alti, non recuperano neanche l’inflazione.
Inoltre, sottolineano anche che i dipendenti, con l’entrata in vigore del nuovo contratto, avranno una perdita definitiva del valore del proprio stipendio dal 2021 (anno di scadenza del contratto precedente) ad oggi pari a 146,51 euro al mese per un funzionario, 120,65 euro al mese per un assistente e 114,62 euro al mese per un operatore.
In più, gli aumenti dichiarati nel contratto, per effetto dell’indennità di vacanza contrattuale e degli anticipi già pagati dal governo, nei prossimi cedolini si tradurranno in aumenti mensili reali da un minimo di 47,22 euro per un funzionario ex Area III F7 ad un massimo di 80,33 euro di un funzionario ex Area III F1. 
Sul versante normativo, le sigle uscenti ritengono che la previsione della settimana corta non sia a vantaggio dei lavoratori e delle lavoratrici, in quanto questi non godranno di una riduzione dell’orario di lavoro settimanale ma bensì una compressione dello stesso in 9 ore al giorno, divenendo una settimana alquanto densa a discapito del lavoro di cura. 

Collegato Lavoro: le modifiche all’obbligo dei tesserini di riconoscimento nei cantieri

La Legge n. 203/2024 ha modificato l’articolo 304, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008, prevedendo l’abrogazione dei commi 3, 4 e 5 dell’articolo 36-bis del D.L. 223/2006 (INL, nota 23 gennaio 2025, n. 656).

Con la nota in commento, l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) ha illustrato le modifiche introdotte dal recente Collegato Lavoro (Legge n. 203/2024) alla disciplina relativa all’obbligo di esposizione dei tesserini di riconoscimento nei cantieri edili. Si tratta della modifica dell’articolo 304, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008 che ha previsto l’abrogazione dei commi 3, 4 e 5 dell’articolo 36-bis del D.L. 223/2006.

In particolare, le disposizioni di legge abrogate introducevano, nell’ambito dei cantieri edili, l’obbligo in capo ai datori di lavoro di munire il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento e l’obbligo da parte dei lavoratori di esporla; l’abrogazione deriva dal fatto che i suddetti obblighi sono già previsti dalle seguenti disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 81/2008: articolo 26, comma 8; articolo 20, comma 3 e articolo 21, comma 1, lett. c.

Il regime sanzionatorio

Pertanto, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 36-bis del D.L. 223/2006, in caso di svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, anche nei cantieri temporanei e mobili si applicano ora le seguenti disposizioni:
– il datore di lavoro dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice che non fornisce ai propri lavoratori un’apposita tessera di riconoscimento ai sensi dell’articolo 26, comma 8, è sanzionato dall’articolo 55, comma 5, lettera i) del D.Lgs. n. 81/2008;
– il lavoratore dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice che non espone la medesima tessera ai sensi dell’articolo 20, comma 3, è sanzionato dall’art. 59, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008.

Nel caso effettui la propria prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto, i medesimi obblighi gravano in capo al lavoratore autonomo, al quale si applicano le seguenti disposizioni:
– il lavoratore autonomo che non si munisce di un’apposita tessera di riconoscimento ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera c, è sanzionato dall’articolo 60, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008;
– il lavoratore autonomo che non espone la medesima tessera ai sensi dell’articolo 20, comma 3, è sanzionato dall’articolo 60, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008.